Sogni (im)possibili e biblioteche da sogno

ecologia delle parole

Questo fine settimana è stato per me denso di emozioni; anzi, ancora meglio, denso di sensazioni.

Sensazioni che sì conoscevo, ma che mai avevo sperimentato così profondamente. A tal punto da sentirmi quasi “drogata” e in astinenza i giorni di inizio settimana.

Nulla di strano, ma quando insegui dei sogni impossibili, che sembrano irraggiungibili, molto spesso perdi la speranza per strada. Anche se sotto sotto, la te stessa bambina sa che non ti sei davvero arresa.

Qualche mese fa ho ricevuto una email rivolta alla me professionista, a cui mi si chiedeva di presentare una proposta formativa per una biblioteca di Cagliari. Non era il giorno del pesce d’aprile, ma posso assicurare che per un momento ho pensato realmente fosse uno scherzo!

Invece era tutto vero, hanno scelto proprio me. E quando mi sono presentata sabato al primo incontro in presenza ho sentito per la prima volta di essere vista come Irene Monge, dottoressa e professoressa meritevole di essere a quel tavolo per formare altre persone, altri professionisti, altri adulti. Sono stata vista per quella che sono, per la qualità che offro, ma soprattutto per l’autenticità che trasmetto; la foto di questo articolo rende perfettamente la mia postura.

In questi anni ho lavorato molto, investendo non solo sul mio lavoro e sul mio studio, ma anche sul mio animo interiore. Sono quasi 4 anni che proseguo il mio percorso di psicoterapia e non finisco di approfondirmi e conoscermi. Sono grata a me stessa di tutto questo lavoro, perché mi ha permesso e mi permette di offrire dei servizi completi. Sono centrata nel mio lavoro, sono in contatto costante con le mie emozioni, sono coraggiosa e mi concedo il permesso di essere profondamente me stessa. Non è facile e nemmeno scontato che accada.

Ho scelto una strada tortuosa, connessa al mondo dei libri, ma in realtà profondamente connessa all’umano. Siamo fatti di storie e i libri, le narrazioni, gli incontri lo confermano ogni volta. Aggiungo nuovi tasselli che permettono invece un riconoscimento ulteriore, una spinta ad andare avanti.

Il marzo scorso ho concluso il mio ultimo master di II livello in psicopedagogia. Scrivo ultimo, perché ho scelto finalmente di fermarmi, non per non continuare a studiare, bensì per prendermi il giusto tempo di far sedimentare tutti gli immensi studi che ho collezionato. Mettere a terra le mie passioni, le mie ricerche, comprendere ciò che ho imparato, senza sentirlo, ma dandoci il vero ascolto.

Spesso vengono richiesti tanti titoli, per lungo tempo ho creduto dovessi collezionarli all’infinito. Eppure spesso i titoli fanno scivolare via le essenze delle materie e delle discipline. La ricerca è come un pozzo: se resti sulla superficie non troverai l’acqua, rimarrai solamente col secchio vuoto.

Ora sto tenendo traccia di queste riflessioni perché desidero essere da stimolo per altre persone che talvolta hanno messo in dubbio i propri sogni strampalati, si sono arrese o non si sono sentite abbastanza.

Come ci insegna anche Steve Jobs possiamo unire i puntini della nostra vita solo a posteriori. Forse riusciremo a crearne una cicogna come ci mostra Karen Blixen. Io non so che cosa mi aspetta nel prossimo futuro, e non ci voglio pensare perché mi coglie la paura di non avere nuovamente lavori, di non potermi permettere la vita da libera professionista, di non avere abbastanza soldi.

Tuttavia ho fiducia in me stessa come non ho forse mai davvero avuto; sto imparando ad accogliermi e a raccogliermi per trasferirlo agli altri. Non sono per tutti, ma raggiungo il cuore di chi ha voglia di ascoltare il mio. Sembrerà insensato parlare di tutto questo legato al lavoro, ma per me la mia professione è la mia più grande passione. E’ l’energia che mi muove ad essere sempre più in contatto con la mia bambina interiore.

A questo punto voglio per forza condividere con voi il luogo che ho incontrato questo fine settimana, perché in fondo nulla accade per caso, forse il nostro destino è già scritto e qualcuno prima di noi vede già i nostri puntini da unire, ma ci fa il dono di poterci giocare noi, come nei cruciverba, per essere i veri protagonisti di un’opera d’arte in corso.

Biblioteca Emilio Lusso di Cagliari

La Biblioteca Emilio Lussu fa parte del polo culturale Sistema Bibliotecario di Monte Claro della Città Metropolitana di Cagliari operante all’interno del Parco di Monte Claro.

Il logo del Sistema Bibliotecario Monte Claro è una versione stilizzata e semplificata disegnata da Massimo Demelas (grafico freelance nato a Nuoro e residente a Milano) nel 2012 del logo del parco di Monte Claro pensato e ideato vent’anni prima (1992) dall’agronomo della Provincia Francesco Desogus che prese spunto dalla decorazione del piatto/ciotola rinvenuto nella tomba prenuragica nel 1905 durante i primi scavi per la realizzazione dei padiglioni del manicomio provinciale. La scoperta archeologica si rivelò tra le più importanti del periodo prenuragico della Sardegna (3000 anni a.C.), tant’è che dopo successivi simili ritrovamenti in altre parti dell’Isola gli archeologi hanno classificato il periodo come Cultura di Monte Claro, l’agronomo Desogus decise di valorizzare la peculiarità storica del sito con l’utilizzo dell’icona nella cartellonistica e in tutte le possibili rappresentazioni di richiamo del costituendo parco urbano. 

Il logo del Sistema Bibliotecario Monte Claro intende rappresentare il messaggio chiave delle biblioteche di pubblica lettura: il lettore è al centro della biblioteca, e tutti i servizi della Biblioteca vengono pensati e si muovono in funzione del lettore.

Questo elemento, oltre al contesto mozzafiato, mi ha colpito particolarmente: il simbolo del mio progetto Ambulatorio dell’Anima ha molto in comune con tutto questo. In ogni caso non vi posso raccontare l’estasi che ho provato nel trovarmi davanti il parco e la vista in cui questa Biblioteca è immersa. Un luogo che non si trova in tutte le città, un luogo dove i libri e la natura si incontrano, dove soprattutto i ritmi della lettura sono i ritmi naturali dell’umano. Purtroppo spesso dimenticati o sottovalutati.

Si può tuttavia parlare di bellezza e fiducia nell’essere umano perché l’ho potuta toccare con mano ancora una volta: se sappiamo scrivere libri possiamo ancora ricordarci la nostra origine, la nostra vera essenza, e desiderare (il verbo latino «desiderare» deriva dal composto latino della particella “de-” con il termine “-sideris”, plurale di “sidera”, che significa pertanto “stelle”. Quindi il desiderio non ha a che fare con una singola stella, ma con un insieme di stelle. Il desiderio interroga le stelle); perché in fondo siamo fatti della stessa sostanza dei sogni… racchiusi nelle stelle.

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