Arte e disabilità

Divine creature

Domenica scorsa sono stata al Museo Diocesano di Milano, presso il quale c’è una mostra fotografica temporanea dal titolo “Divine creature”, la bellezza che trasfigura e include.

Sono rimasta profondamente colpita per la sensibilità e la “Bellezza” del progetto. Fotografie che ti lasciano senza parole, riproduzioni di dipinti famosi, i cui personaggi fotografati impersonano. Il tutto ricostruito maniacalmente.

Il Museo Diocesano Carlo Maria Martini e la Consulta diocesana Comunità cristiana e disabilità propongono questa mostraun progetto fotografico ideato e curato da Adamo Antonacci, che affronta il tema della disabilità usando il linguaggio dell’arte, ma per me non è solo questo. Si tratta di dieci scatti realizzati da Leonardo Baldini, che riprendono capolavori della storia dell’arte dal XV al XX secolo riferiti agli episodi della vita di Cristo, dall’Annunciazione alla Natività, dalle storie della Passione alla Cena in Emmaus, dove i personaggi sono interpretati da persone con disabilità e dai loro famigliari, che diventano i veri protagonisti delle opere.

Mai prima d’ora avevo visto coi miei occhi tanta sensibilità così affissa, costantemente accompagnata da una narrazione accuratissima, che aveva l’obiettivo di rendere protagonisti gli “attori” fotografati, mescolati fra la propria storia di vita e quella del dipinto riprodotto, se non addirittura con la parola di Dio che si esprime nei messaggi di quelle rappresentazioni.

La mostra è iniziata nel mese di marzo e si conclude col mese di aprile, all’interno di un museo che si è mostrato inconsueto nella sua consuetudine. Un luogo dove le pareti trasudano energia inclusiva, accogliente, la cui comunità di fedeli partecipa attivamente ai significati più profondi della religione.

Questi dipinti fotografati infatti acquisiscono nuovo valore, attraverso una prospettiva audace che ha coinvolto direttamente, provando a sollecitare negli osservatori possibili differenti significazioni. Ogni opera fotografica è presentata da una guida, ovvero da una persona con disabilità che partecipa al percorso educativo e formativo “Cultura Accessibile”, progetto inclusivo avviato quattro anni fa presso la Cooperativa Arcipelago – Anffas Nordmilano.

Tramite il codice QR che è presente all’inizio della mostra puoi scaricare una sorta di catalogo virtuale, dove ancora di più riesci ad immedesimarti in quei quadri e in quelle storie, le leggi direttamente dagli occhi di quelle persone, la loro interpretazione rispetto a qualcosa di divino che incontra l’umano forse come mai prima d’ora; questo proprio grazie alla mediazione operata dall’arte.

Altri progetti simili sono stati già sicuramente proposti, ma la maestria che li caratterizza, e che in particolare ha appassionato me, è che nulla è lasciato al caso. Ogni elemento scenico è riprodotto aderente al reale, e non tanto con l’intento di riprodurre a perfezione mimetica i dipinti, quanto semmai renderli corporei, non come soggetti modelli distanti, bensì vivi, fatti di storia densa e vitale.

E’ un percorso di “Significazione”, ovvero un percorso che considera il “significare” non solo come comunicazione di un pensiero, di una volontà, di una riflessione o di un contenuto, ma come un fatto, come qualcosa che accade mentre lo si condivide, e questo qualcosa è la persona in azione, è il soggetto che racconta di sè nelle parole che dice, parole intrise di vita, di desideri, di fatica, di emozioni. Significare come una relazione, come un Io e un Tu che possono entrare in contatto attraverso la realtà che osservano, una realtà che acquista un valore unico proprio in presenza di quell’io e di quel Tu che contemporaneamente possono cogliere in essa qualcosa che accomuna entrambi.

Il lavoro di preparazione della mostra è durato circa sei mesi e sono state coinvolte appunto sia le persone con disabilità che i loro familiari.
Come ha spiegato Adamo Antonacci, questa scelta è stata fatta per valorizzare il ruolo della famiglia nella vita delle persone: lo scambio e la reciprocità tra i membri di una stessa famiglia sono fondamentali per costruire il progetto di vita di ognuno e sostenere il percorso di crescita delle persone con disabilità.

All’interno di questo catalogo guida – che ha tutt’altro che la struttura di un catalogo – i protagonisti operano un tentativo di comunicazione, di interrogazione esistenziale con il pubblico. Ti chiedono cosa ne pensi del loro vissuto, del loro modo di leggere ciò che vedono e ciò che recitano, di ciò che è vita, anche attraverso il divino. E ne lasciano il dialogo aperto, come se fosse un ulteriore andare oltre l’opera che si è già rinnovata e trasformata. Questa arte non è solo accessibile perché coinvolge la disabilità, ma perché ti mostra come la cultura possa essere sempre rivista, riadattata, senza perdere il significato originario, semmai elevarlo avvicinandolo a ciò che per noi è più noto, più interpretabile con il nostro presente.

Una fotografia che non ti lascia immobile, ti fa venir voglia di entrarci e ti fa sentire dentro quasi come se potessi toccare quelle persone che non sono tridimensionali, ma che sai e senti essere in carne e ossa. Senza il bisogno della realtà aumentata digitale, quasi come vivere un diretto contatto con la divinità.

Infatti sono “creature divine”, non c’era titolo più azzeccato in tutto questo, per tutto questo.

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