Materiali e strumenti della Biblioterapia filosofica

biblioterapia filosofica

L’esperienza accumulata in questi anni mi ha permesso di raccogliere strumenti utili ad esprimere sempre meglio le potenzialità dell’incontro fra la filosofia e la biblioterapia.

Inizialmente non possedevo la consapevolezza di capire davvero come potessero dialogare insieme, ma ad oggi mi rendo conto che questo dialogo necessitava di venir fuori in maniera assolutamente più metodica e strutturata.

L’arte maieutica socratica che si realizza a partire dall’oracolo delfico “conosci te stesso” permette di comprendere meglio il primo momento o il primo passaggio attraverso il quale si sperimenta la biblioterapia. L’identificazione che accade con degli aspetti narrativi che incontriamo all’interno di un libro o un testo o un’opera d’arte, indica come sia un passaggio di rispecchiamento con le proprie caratteristiche più profonde, le proprie sensazioni, le proprie paure o i propri desideri inespressi.

Parlando della catarsi, al di là del collegamento diretto con il linguaggio filosofico, è quel momento destabilizzante che nel dialogo socratico si parla spesso. Un’intensità emotiva tale che non ha il nostro controllo, che attrae e spaventa insieme. Una meraviglia interrogante che ci mostra la vita per quello che è, ossia fatta di contrari e opposti che valgono allo stesso tempo. Una verità sempre incompleta e che per questo ci muove alla continua di ricerca di senso (da questo deriva anche il fatto che la biblioterapia non utilizza un metodo statico, bensì un processo psicodinamico, ossia che promuove movimento, evoluzione e fioritura).

Infine abbiamo l’introspezione di tutto questo vissuto, che attraverso la pazienza e l’amore che cerchiamo di dedicare a noi stessi ogni giorno anche con fatica, si realizza per mezzo dell’accettazione, un senso di accoglienza verso il proprio sé, i propri pensieri e le proprie emozioni, il cui fine ultimo è quello di promuovere il proprio personale benessere e la sua cura costante.

La comprensione di questi strumenti stessi è in continua evoluzione, anche durante le lezioni universitarie ci chiediamo con gli studenti come si sviluppa la catarsi o come si crea, soprattutto se tutti questi passaggi seguano un ordine preciso oppure se si verificano simultaneamente.

Quello che conosciamo è che ognuno di noi li sperimenta e li può conoscere attraverso l’altro e attraverso quella distanza che protegge dallo sperimentare il pathos (sofferenza intensa, patire e sentire) in prima persona.

Studenti e laureandi che contattano

Negli ultimissimi anni molti studenti si sono avvicinati a quella che chiamo “filosofia della narrazione”; molti di loro si sono interessati a come può applicarsi il metodo. Quali strumenti e come maneggiarli.

Le prime pratiche che proponevo partivano sempre da porre un quesito e costruire una nuova narrazione attorno a questo. Ultimamente ho utilizzato maggiormente le narrazioni mitologiche, epiche, l’antologia in generale per far avvicinare le persone del passato con quelle odierne, ricordandoci che prima di tutto ognuno di noi è persona portatrice di storia. Questo permette di perseguire un ulteriore obiettivo della biblioterapia, ossia far avvicinare le persone all’uso quotidiano dei libri e a come anche la filosofia è parte integrante dell’esistenza. La applichiamo ogni giorno, risponde al nostro bisogno di senso, ma non solo, promuove una postura che ci permette apertura, ascolto autentico e attivo, mediazione benevola e una comunicazione biografico-solidale.

Le pratiche narrative come creazione e generatività: dare forma al proprio sé

Per concludere mi piace parlare di magia che si attiva durante questi incontri, queste formazioni e questi confronti. La passione e la fede che ripongo nello strumento biblioterapeutico e filosofico arriva in maniera diretta, raggiunge i professionisti ed entusiasma gli studenti. Le persone si mettono in gioco in prima persona e fanno dell’interrogazione il principio fondante. Un’interrogazione non più nemica e portatrice di dubbio, bensì sorella di quel desiderio di conoscersi, di sapere chi siamo e quale identità narrare di noi, per sé e per gli altri.

In aggiunta l’aspetto pratico di queste tecniche narrative risponde a quel senso di formazione dell’essere umano che in antica Grecia veniva espresso nel termine Paideia (termine greco, il cui significato originario equivaleva proprio a “educazione”. Successivamente però assunse il valore di “formazione umana”, in quanto il raggiungimento dell’essere Persona è frutto di un processo continuo, mai compiuto). Le pratiche e i laboratori permettono di mettere le mani in pasta nelle cose, entrare in concreto nelle cose come il gioielliere fa con la creazione dei suoi gioielli; non qualcosa di astratto ed esclusivamente razionale, semmai secondo il concetto di fabbricazione di essenze (il complesso delle varie fasi di lavorazione necessarie all’ottenimento di un prodotto, in questo caso generazione di creatività e fioritura).

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