Come biblioterapista ho incontrato la letteratura per l’infanzia solo in seguito. Come lettrice ovviamente è tutto un altro discorso. Come adulta mi sono avvicinata alla letteratura per l’infanzia solo nel momento in cui ho incontrato il primo bambino nel mio percorso da professionista.
In quanto counselor, studiosa dell’Analisi Transazionale, mi sono spesso chiesta perché chi studia pedagogia si riduce ad essere equiparato come colui o colei che si occupa di bambini.
Queste piccole premesse per riflettere “intorno al concetto di meraviglia“. Recentemente ho partecipato ad alcuni incontri, uno di questi alla libreria Farfilò, che partiva dal desiderio di nominare e conoscere questa meraviglia come sguardo bambino, proprio attraverso la letteratura d’infanzia.
La meraviglia riguarda l’inatteso, un sentimento improvviso e spontaneo. Vi chiederete allora perché voglio parlare di bambini e bambine, di letteratura per l’infanzia e soprattutto di meraviglia.
Spesso si usa come sinonimo la meraviglia per intendere lo sguardo bambino di fronte alle cose, ma questo sguardo bambino a chi appartiene? Allora ecco che la domanda successiva sorge spontanea: la letteratura per l’infanzia si rivolge davvero ai bambini con cui ritiene di dialogare? Oppure si rivolge a quello stato dell’Io Bambino che ogni adulto possiede interiormente?
L’Analisi Transazionale, con linguaggio semplice e intuitivo, ci permette di comprendere il nostro funzionamento di comportamento e di pensiero, oltre che il vissuto emozionale, strutturandolo intorno a tre stati dell’Io: Bambino, Adulto e Genitore. Questi stati dell’Io si formano e si sviluppano con la nostra crescita. Il bambino che inizia a crescere ha un embrione per ognuno di questi tre stati. Perciò il bambino, inteso come essere vivente, è già dotato di uno stato dell’Io Adulto, il quale tuttavia non ha lo stesso funzionamento dell’adulto formato, perché il mondo del bambino è ancora ridotto ai minimi termini, dettati da un bisogno impellente di scoperta del mondo e, di conseguenza, non possiede quelle strategie complesse tipiche dell’adulto di definizione dello stesso.
La meraviglia del bambino non è lo sguardo reale del bambino, è bensì lo sguardo adulto che ricontatta il proprio stato dell’Io Bambino, quello stato che ci fa emozionare, che ci esprime un senso di inatteso mentre osserviamo i nostri bambini. Sono loro che ci permettono questo contatto con un altrove che da soli fatichiamo a vedere. I bambini ci fanno da specchio rispetto a un nostro sentire.
Ecco allora che la letteratura per l’infanzia, scritta da adulti, si muove sullo stesso piano. Il bisogno degli scrittori non corrisponde all’intenzione che si pongono. Quasi la stragrande maggioranza delle narrazioni parlano dell’autore che si rivolge all’autore bambino che è stato in passato, sperando di recuperare quell’altrove che non può più appartenergli. Non perché non può essere ricontattato, ma perché il funzionamento non è più il medesimo: inevitabilmente crescendo l’essere umano si forma e costruisce quelle sovrastrutture che gli permettono di muoversi nel mondo con maggiore economia. La spontaneità reale dei bambini non è più adatta a far fronte alle responsabilità dell’adulto. Quella spontaneità è dettata da una struttura interiore limitata, non inteso nel lato negativo del termine, ma letterale perché l’essere umano è l’unico essere vivente che impiega più tempo a formarsi. Il proprio sviluppo cerebrale impiega lunghissimi anni, cosa che in altri esseri viventi non accade.
Gli schemi semplici e spontanei dei bambini creano in noi adulti la meraviglia. Ecco allora che la meraviglia è un modo di guardare il bambino, ma questo guardare è davvero a misura di bambino? La letteratura per l’infanzia si rivolge a bambini o ad adulti che hanno certe aspettative su quei bambini?
La misura del bambino può essere vista solo nel momento in cui ci ricordiamo che studiare pedagogia non è occuparsi di bambini, semmai si tratta di conoscere ed educare lo stato dell’Io Bambino per legittimare l’adultità che il bambino possiede sin dalla nascita. Il rispetto del bambino avviene nel momento in cui riconosco che quei suoi limiti sono della sua condizione presente e che lo rendono degno di rispetto per quel suo modo di vedere il mondo: attraverso le percezioni sensoriali e la loro spontanea espressione, priva di metro di giudizio o pregiudizio.
Se il bambino o la bambina hanno paura di Malefica e un adulto costruisce una maschera da indossare per sconfiggerla, questo per il loro schema mentale risulterà un paradosso perché Malefica non può uccidere se stessa; per il bambino questo non può esistere. L’adulto ha capacità di lettura metaforica (o tra le righe) e comprende che per sconfiggere le paure deve affrontarle. Il mondo dei bambini è il risultato di ciò che appare, il mondo degli adulti è una costruzione mentale sopra ciò che è reale.
Quando leggiamo e scriviamo ai nostri bambini ricordiamo di rivolgerci al loro stato dell’Io Adulto, che non significa farli crescere prima dei suoi tempi, significa dare valore a un loro linguaggio, a un loro modo di esistere senza sovrastrutture, ma nella spontaneità della scoperta. Permettiamo loro di scoprire la misura del proprio mondo, non facilitiamo il compito solo per un nostro egoistico bisogno di meravigliarci. Guardiamo alle piccole cose perché i bambini hanno bisogno di cose piccole, a loro immagine e somiglianza.
A proposito di meraviglia…
Nei prossimi giorni uscirà un altro articolo della mia amica e collega Ana Gutierrez Garcia. Educatrice ed esperta di letteratura per l’infanzia, vi condurrà alla ricerca e alla promozione di testi e albi illustrati davvero a misura di bambino (www.millefoglidiana.it)! Andate a curiosare, abbiamo partecipato assieme all’incontro e quasi ogni sera ci troviamo in videochiamata per interrogarci intorno al concetto di meraviglia, o forse a questo punto dovremmo proprio parlare di spontaneità!